PAESAGGIO, l’amico ritrovato.
C’è stato un tempo in cui dipingevo quasi esclusivamente paesaggi. Poi, direi da un giorno all’altro, ho smesso.
Volendo far le cose per bene, occorre andare ancora un po’ più indietro con gli anni, sino ai miei primi soggetti ripresi ad acquerello. Ed ecco comparire i cieli.
Non pensate ad albe folgoranti o infuocati tramonti, no. Ero appena uscita dall’Istituto d’Arte di Parma ed ero già votata all’essenziale, alla pacatezza dei toni, alla fuliggine padana che tanto mi ricordava le sabbie di Piero della Francesca.
I cieli padani sono così, sottili e lattei, e per me era un piacere altissimo mettermi a naso all’aria, tavolozza in mano, ad indagare le piccole variazioni di colore in evoluzione solenne sopra la mia testa. Ne ho dipinti a mazzi. E nonostante fossero opere completamente informali, piacquero moltissimo al pubblico – questo nonostante meriterebbe un post a parte, me ne rendo conto -.
Ad un certo punto, forse per il torcicollo, abbassai lo sguardo. E comparvero le cime dei colli più alti, poi le anse azzurrognole, l’orizzonte della campagna, le case. Ho realizzato diverse lunghe riprese, sempre dal vero, e alcuni scorci del paese in cui vivo, andando anche a scovare vecchie fotografie. Nelle mie prime mostre si mischiavano ai cieli, ai soggetti botanici presenti sin dagli albori, tecniche miste e tele ad olio. Insomma, di tutto un po’. Esplorazioni. Poi, proseguendo nella mia azione di messa a fuoco, mi sono concentrata su quello che avevo immediatamente sotto i piedi: erbacce, arbusti, semi, fiori spontanei.
Dall’infinitamente grande a un minuscolo seme di lino.
Era iniziato un dialogo appassionato e rispettoso che prosegue tuttora e che non manca di stupirmi, di portare ispirazione.
Credo che tutti questi anni di dedizione mi abbiano anche dato la misura dei passi che devo fare per avvicinarmi ad un soggetto, per entrarvi in contatto. Il resto, spesso, lo fa il caso.
Qualche mese fa, una cliente e cara amica mi regalò un quaderno proveniente da Fontaine de Vaucluse, una cittadina provenzale dove pochi anni prima avevo fatto incetta di carte da acquerello: il meraviglioso mulino-cartiera Vallis Clausa. Le pagine del quaderno erano proprio di quella carta che avevo scoperto anni addietro. L’ho osservato per diverse settimane senza metterci mano, come sempre faccio con le cose che amo particolarmente. Poi mi son decisa.
Quello era un carnet de voyage, senza dubbio, e chiamava aria, luoghi, spazi aperti. Così ho affrontato le pagine, scrivendo appunti sulla realizzazione di ogni lavoro su dei post-it. E’ una cosa che non faccio mai, non ho neppure una cartella colori. Ma in questo caso ne ho sentito l’esigenza, come per ulteriore sicurezza di essere sulla strada giusta. O forse si trattava solo di una forma di pudore.
❥ Camillo Langone, giornalista dalle nobili passioni e guida di Eccellenti Pittori, mi scrisse che “c’è bisogno di paesaggi“. Presto alcune delle tavole più grandi, 76×56 cm circa, saranno pubblicate nella loro interezza proprio su questo portale.
Nel frattempo, io continuo a dipingere orizzonti e luci.